SINDONE
I soci UAAR di Catania hanno realizzato una puntata di "ora d'aria" su RTM sul tema della sindone:
http://www.radiortm.it/programmi/oradaria/
tracce della puntata:
Sindone come oggetto storico, archeologico e scientifico.
Definizione.
Tutti gli storici sono d'accordo nel ritenere documentata con sufficiente certezza la storia della Sindone a partire dalla metà del XIV secolo: risale infatti al 1353 la prima testimonianza storica[1]. Sulla sua storia precedente e sulla sua antichità non vi è accordo. La datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988, ha datato la stoffa del lenzuolo in un intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C.[1]
I sostenitori dell'autenticità del telo non giudicano attendibile l'esame svolto nel 1988, ipotizzando inquinamento dei lacerti di tessuto prelevati per essere sottoposti a indagine. Ritengono quindi che la Sindone sia l'autentico lenzuolo funebre di Gesù e risalirebbe alla Palestina del I secolo; essi sostengono inoltre la «suggestiva ipotesi»[1] secondo cui la Sindone di Torino sia da identificare con il mandylion o "Immagine di Edessa", un'immagine di Gesù molto venerata dai cristiani d'Oriente, scomparsa nel 1204 (questo spiegherebbe l'assenza di documenti che si riferiscano alla Sindone in tale periodo)[2]. In questo caso, occorre ipotizzare che il telo di Edessa, che è descritto come un fazzoletto, fosse esposto solo ripiegato più volte e in modo tale da mostrare unicamente l'immagine del volto[1].
La più antica testimonianza storica della Sindone di Torino non va più indietro degli anni cinquanta del XIV secolo, quando la Sindone, con modalità che rimangono ignote, comparve nelle mani del cavaliere Goffredo di Charny e di sua moglie Giovanna di Vergy[1].
Il 20 giugno 1353 Goffredo donò la Sindone al capitolo dei canonici della collegiata di Lirey, che egli aveva fondato[4]; la prima ostensione pubblica di tale telo avvenne, pare, nel 1357 (Goffredo era morto l'anno precedente), suscitando negli anni seguenti diversi dubbi sull'autenticità del telo. Nel 1415 Margherita di Charny, discendente di Goffredo, si riappropriò del lenzuolo (ne originò un lungo contenzioso con i canonici) e nel 1453 lo vendette o cedette ai duchi di Savoia.
Questi la conservarono a Chambéry in Savoia, dove il 4 dicembre 1532 sopravvisse all'incendio della Sainte-Chapelle du Saint-Suaire, riportandone gravi danni in diversi punti, perforata in vari strati da una goccia d'argento fuso colata dal reliquiario[1]. Nel 1578 venne portata a Torino, dove nel frattempo i Savoia avevano trasferito la loro capitale. L'occasione di tale trasferimento fu la richiesta da parte del vescovo di Milano, Carlo Borromeo, di venerare la reliquia per sciogliere un voto fatto in occasione della peste di Milano. Il trasferimento del telo doveva servire ad abbreviare il viaggio a piedi del Vescovo. Da allora vi rimase ininterrottamente fino al giorno d'oggi, salvo brevi intervalli. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta dall'avv. Secondo Pia: in quell'occasione si scoprì che l'immagine impressa sul lenzuolo presentava le caratteristiche di un negativo fotografico.
Umberto II di Savoia, ultimo re d'Italia, alla sua scomparsa (1983) la lasciò in eredità alla Santa Sede che ne delegò la custodia all'Arcivescovo di Torino.
Nel 2009 la proprietà della Sindone è stata messa in discussione: secondo il professor Francesco Margiotta Broglio, studioso dei rapporti tra Stato e Chiesa, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1º gennaio 1948) la Sindone sarebbe diventata proprietà dello Stato italiano in base alla XIII disposizione, comma 3, e il legato testamentario di Umberto II sarebbe nullo[5]. Tuttavia la Santa Sede avrebbe nel frattempo acquisito la proprietà della Sindone per usucapione in buona fede: sulla questione è stata presentata una interrogazione parlamentare ma non risulta ancora una risposta del governo[6][7].
La Chiesa cattolica in passato si è espressa ufficialmente sulla questione dell'autenticità, prima in senso negativo (nel 1389 il vescovo di Troyes inviò un memoriale al papa, dichiarando che il telo era stato "artificiosamente dipinto in modo ingegnoso", e che "fu provato anche dall'artefice che lo aveva dipinto che esso era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto". Nel 1390 Clemente VII emanò di conseguenza quattro bolle, con le quali permetteva l'ostensione ma ordinava di "dire ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario"[12]) e poi, ribaltando il giudizio, in senso positivo (nel 1506 Giulio II autorizzò il culto pubblico della Sindone con messa e ufficio proprio[13][14]). Attualmente non si esprime ufficialmente sulla questione dell'autenticità, lasciando alla scienza il compito di esaminare le prove a favore e contro, ma ne autorizza il culto come reliquia o icona della Passione di Gesù. Diversi pontefici moderni, da papa Pio XI a papa Giovanni Paolo II, hanno inoltre espresso il loro personale convincimento a favore dell'autenticità.[15]
Le chiese protestanti considerano invece la venerazione della Sindone, e delle reliquie in genere, una manifestazione di religiosità popolare di origine pagana, estranea al messaggio evangelico.
Il problema biblico
Flagellazione
Sepoltura di Cristo